martedì 28 gennaio 2014

Il Grande Gatsby

Ci siamo un po' tutti recati al cinema con la sensazione di partecipare pure noi ad una delle scintillanti feste che Gatsby dava nella sua immensa villa, feste alle quali nessuno poteva mancare.
Baz Luhrmann ci propone un film dalla scenografia coinvolgente ed esagerata a tal modo da storpiare il classico di Fitzgerald da cui la storia è tratta: il film è stato descritto come un frastuono sensoriale che ci distoglie dal coinvolgimento emotivo.

Il pubblico si trova avvolto da una colonna sonora anacronistica tra cui troviamo brani di Jay-Z e Lana Del Rey: scelta azzardata e che molti hanno considerato inappropriata.
L'accostamento delle canzoni moderne alle atmosfere degli anni venti ha voluto riproporre la stessa sensazione inebriante che in quegli anni dava il Jazz, inebriando anche il pubblico con uno shock audiovisivo che dura per l'intero film.
Io ho reputato la scelta della colonna sonora consona con le immagini che il regista ha proposto: immagini di una società che si riversava come un fiume nello stile di vita più eccessivo portando emozioni e sentimenti allo stremo.
Forti solo le immagini che talvolta, soprattutto nella rappresentazione delle feste, prendono una cornice disneyana come se gli stessi personaggi del film si trovassero per una notte catapultati in un modo parallelo dove nulla può loro capitare di male.

L'intera vicenda inizia nella primavera del 1922  quando il giovane Nick Carray, interpretato da Toby Maguire, si trasferisce a Long Island in un cottage confinante la casa di un misterioso miliardario, appunto Gatsby interpretato da Leonardo DiCaprio.
La cugina di Nick abita dall'altra parte del lago: la bellissima Dasy, interpretata da Carey Mulligan, sposata con un ex giocatore di polo, il ricchissimo e fedifrago  Tom Buchanan, interpretato da Joel Edgerton.
Grazie alla parentela che lega Nick e Dasy, Gatsby cercherà subito di entrare in contatto con Nick per arrivare a lei: Gatsby e Dasy hanno avuto infatti in passato una romantica storia d'amore, storia che ora Gatsby vuole riprendere da dove si era interrotta.

Il film non ha nulla a che vedere con l'impronta emotiva che ha il romanzo di Fitzgerald, un classico intramontabile, e nemmeno se la batte tanto bene con il film del 1974 che vedeva l'affascinante Redford nei panni di Gatsby.
Al film di Luhrmann manca la spinta sentimentale dell'incredibile amore di Gatsby per Dasy: uomo che ha fatto ogni suo progetto avendo sempre al centro dei suoi piani un unica donna.

"Tu eri sempre presente. In ogni idea. In ogni decisione. E se qualcosa non è di tuo gusto, io la cambierò."



lunedì 27 gennaio 2014

Per non dimenticare.

Occhi scavati e sguardi che sembran aver perso la speranza: questi sono i volti e le immagini che il cinema ci ha sempre proposto per non dimenticare.
Noi siamo qua per non dimenticare, per far sì che la memoria di queste vittime non voli via con il fumo delle ciminiere. 
Mille volti, mille sguardi, mille sogni strappati via e per questo ci domandiamo se questo è un uomo? Un uomo a cui vien strappata la dignità ed un diritto così importante come la vita.
Colore che domina nella maggior parte dei film è il grigio: grigio come l'umanità in quegli anni, grigio come il cielo dei lager, grigio come la prospettiva di vita, grigio come la cenere. 
Ma dal quel grigiore vediamo spuntare a volte il cappotto rosso di una bambina: la bambina con il cappotto rosso è sinonimo di vita, è il colore del sangue che scorre nelle vene di tutti e non conosce religione o razza, rosso come l'amore che in qualcuno nonostante tutto era rimasto.
Non dimentichiamo e nemmeno ricordiamo solo un giorno all'anno quello che l'uomo è stato capace di fare. 
Non dimentichiamo per far sì che non accada più. 

venerdì 24 gennaio 2014

Leonardo DiCaprio da Oscar (?)

Non sono ancora andata a vedere l'ultimo film di Leonardo DiCaprio appena uscito nelle sale: The Wolf of Wall Street sembra aver acceso gli animi dei fan dell' affascinate attore  che fece sognare migliaia di ragazzine recitando la parte di Jack nel film "Titanic", ma quest'anno riuscirà finalmente a portare a casa la tanto agognata statuetta?
Non si può certo negare che Leo sia un attore di talento e che i propri film abbiano sempre riscosso un ottimo successo, ma dopo 4 nomination all'Oscar (quest'ultima appunto è la quinta) non è mai riuscito a portar a casa il premio.
DiCaprio ha  preparato la strada all'Oscar di quest'anno portando a termine un percorso che ha intrapreso negli ultimi due anni: lo abbiamo visto nei panni del grande Gatsby recitare il ruolo del giovane che si è fatto da solo, e nel ruolo del ricchissimo e cinico latifondista del Mississippi Calvin J. Candle in Django Unchained .
I panni di Jay Gatsby erano già stati vestiti da un'affascinate Robert Redford nel 1974: DiCaprio si è trovato a competere con una figura che oramai era stata riconosciuta  fino ad ora solo a Redford e non tutti hanno rivisto questa oramai storica assegnazione e per molti Gatsby rimane quello interpretato nel 1974.
In Django abbiamo visto un DiCaprio nei panni del cattivo, ruolo che non gli viene spesso assegnato e per questo è risultato anche di secondo ordine rispetto all'eroico Django interpretato da Jamie Foxx.
In The Wolf of Wall Street recita nuovamente i panni del giovane di successo, in questo caso nei panni di Jordan Belfort, uno dei broker di maggior successo nella storia di Wall Street.
Anche per quanto riguarda quest'ultimo film DiCaprio si troverà a competere con un altro "lupo di Wall Street", Gordon Gekko interpretato da Michael Douglas nel film "Wall Street" del 1987.
Michael Douglas fu vincitore di un premio Oscar per il suo ruolo nel film "Wall Street", così sarà anche per un Leonardo di Caprio nei panni di un altro yuppies ?
Per DiCaprio è la quinta collaborazione con Martin Scorsese: sodalizio che va avanti dal loro primo film insieme "Gangs of New York" che fece andar di fuori il botteghino con un incasso superiore ai 70 000 000 ma ebbe anche 10 nomination agli Oscar senza vincerne nemmeno una.
Anche quest'anno il sodalizio tra Martin Scorsese e Leo DiCaprio porterà al medesimo risultato?
A voi il giudizio in attesa della grande notte .
 

giovedì 23 gennaio 2014

Il lato positivo


Il vero titolo del film diretto da David O. Russel è "Silver Linings Playbook" : i Silver Linings rappresentano le buone intenzioni che il protagonista  promette di fare non appena uscito dalla clinica psichiatrica in cui era stato ricoverato per otto mesi. 
Pat manifesta per la prima volte il disturbo bipolare della personalità quando sorprende la moglie a tradirlo con un suo collega di lavoro.  Una  volta dimesso dalla clinica non ha più una moglie, un lavoro ed una stabilità  e per questo decide di porsi dei buoni propositi per riconquistare sua moglie e la sua vita.
L'incontro con Tiffany sarà fondamentale per Pat, sarà la svolta che Pat riuscirà finalmente a dare alla sua esistenza.
Tiffany, interpretata da una Jennifer Lawrence da oscar, è donna provata dal dolore dopo la morte del marito, dipendente da psicofarmaci e ninfomane: cerca di nascondere le proprie debolezze con un apparente sicurezza ed arroganza nel rapportarsi con gli altri. Tiffany convincerà Pat a partecipare ad una gara di ballo con lei promettendogli in cambio di consegnare quell'importante lettera che aveva scritto a sua moglie non appena uscito dalla clinica.

Pat e Tiffany si cureranno a vicenda: l'amore che pian piano nascerà tra i due sarà la miglior terapia per entrambi: i loro difetti e i loro problemi psichiatrici si compenseranno l'un l'altro anche se in principio saranno invece fonte di scontro e di incomprensioni.

"L'unico modo per sconfiggere la mia pazzia era facendo qualcosa di ancora più pazzo. Grazie. Ti amo. L'ho capito dal momento in cui ti ho visto. Mi dispiace mi ci sia voluto così tanto tempo per recuperare!"

Il regista ha lavorato con una storia molto delicata da rappresentare: non solo la monotonia degli scenari che sono intrappolati in un unico piccolo quartiere ma anche l'equilibrio tra dramma e commedia sono diventati, da materiale pericoloso per una buona riuscita del film, dei veri e propri punti di forza su quali la storia ha preso corpo e forma.
Il film ha avuto 8 nomination agli oscar l'anno passato e si è aggiudicato quello per miglio attrice grazie ad una Jennifer Lawrence che sembrava nata per il ruolo di Tiffany.
L'equilibrio tra commedia e dramma fa sì che il film ironizzi sulla debolezza umana difronte ai grandi dolori che a volte la vita ci pone davanti e allo stesso tempo fa riflettere così tanto che non vediamo Pat dalla parte del torto e consideriamo ingiusto che sia stato rinchiuso per otto lunghi mesi in un ospedale psichiatrico per un atto che in quella circostanza sarebbe stato quasi naturale per ogni uomo che è innamorato di una donna.

Pat ci insega che la positività è dietro l'angolo, dietro ogni aspetto negativo della vita di tutti giorni e sta a lui come anche a noi prendere tutta questa negatività per trasformarla in qualcosa di positivo: la libertà vigilata dalla moglie infatti ha fatto sì che Pat e Tiffany si innamorassero, questo è stato il lato positivo per entrambi nel contesto delle loro vite non molto fortunate fino a quel momento.
L'ottimismo è sempre un ottimo pretesto per iniziare da capo.

"Con il giusto stato d'animo tutto è possibile… credo che spesso restiamo impantanati in questo stato di negatività ed è un veleno come nient'altro!"






mercoledì 22 gennaio 2014

Il riccio

La vera eleganza a volte non sta dietro un bell abito e a dei modi e dei gesti raffinati, la vera eleganza può esser nascosta dietro un'anziana signora che nella propria intimità è una vera regina.
La vera eleganza non deve essere ostentata, ma deve esser conservata al sicuro della propria intimità come Reneè, anziana portinaia dell'elegante palazzo parigino di Rue Grenelle gremito di ricchissimi inquilini.
Reneè è più raffinata di tutti gli inquilini del suo palazzo, nonostante il suo aspetto goffo e l'atteggiamnto a primo impatto burbero e poco socievole, come quello di un riccio che si chiude in sè stesso quando percepisce il pericolo.
Reneè si trasforma tra le pareti della sua casa vivendo con raffinatezza e semplicità, apprenzando la vita leggendo le pagine di un buon libro e sorseggiando un tè.
Reneè nasconde dietro un aspetto sciatto ed incurante una cultura enorme che solamente due persone nel palazzo riusciranno ad apprezzare e scoprire dietro quell'ingannevole apparenza.
Paloma Josse è una ragazzina di dodici anni dotata di un'intelligenza incredibile e che si approccia alla vita con criticità e un pizzico di cinismo e che passa le giornate a progettare l'ora del suo suicidio per evitare di diventare un pesce in una boccia, come i suoi genitori intrappolati in una bellissima boccia di cristallo e costretti a guardar il mondo da lí. 
Paloma e Reneé si conosceranno e si riconosceranno l'una nell'altra grazie all'arrivo di un terzo personaggio: il pacato e genile Kakuro Ozu, il quale insieme a Paloma riuscirà a vedere ben oltre la maschera da comune portinaia che Reneé è abituata a vestire. 
La storia è tratta dal romanzo di Muriel Barbery "L'eleganza del Riccio" : nel film i silenzi, gli sguardi e i gesti che spesso sono difficilmente descrivibili tra le pagine di un libro rappresenteranno la bellezza della storia nel film. 
Noi da spettatori guarderemo i personaggi mentre vivono le loro vite strette nella morsa delle rigide regole della società dentro quella boccia di cristallo rappresentata dall'elegante palazzo parigino: il film è appunto rappresentato per la gran parte tra queste raffinate pareti borghersi. 
La delicatezza del lungometraggio del regista francese Mona Achache e la raffinatezza di alcune scene ci propongono un variegato acquario della vita: consiglio vivamente la visione di questo film che mi ha rapita ma anche la lettura di un libro dal fascino unico. 

lunedì 20 gennaio 2014

Il Capitale Umano

La regola impone che prima di guardare un film bisogni leggere il libro: io purtroppo non rispetto quasi mai questa regola ed è sempre il film ad incuriosirmi e farmi venir voglia di leggere il romanzo da cui è stato tratto.
Questo è successo anche per quanto riguarda l'ultimo film di Paolo Virzì da poco uscito nelle sale: Il capitale umano.
L'unica differenza è che guardare questo film è stato un po' come leggere un romanzo giallo: Virzì ha fatto una scelta registica molto interessate ed innovativa all'interno della sua produzione cinematografica.
Emulando un po' lo stile di Tarantino, Virzì ha suddiviso l'intero film in "capitoli" mostrando il punto di vista di personaggi diversi all'interno di uno stesso periodo e coinvolti nel medesimo delitto: un uomo da ritorno da lavoro in bici a tarda notte viene investito da un fuoristrada, scena chiave di tutta la storia posta all'inizio.
Due famiglie di diverso grado sociale si troveranno coinvolte in questo spiacevole avvenimento. quella di Giovanni Bernaschi facoltoso imprenditore e quella di Dino Ossola, un ambizioso immobiliarista oramai sull'orlo del fallimento.
La figlia di Dino Ossola è fidanzata con il rampollo della famiglia Bernaschi: entrambi saranno chiamati in causa davanti a questo delitto che cambierà radicalmente il destino di queste due famiglie.
Virzì è riuscito a costruire un vero e proprio giallo e ci siamo anche noi spettatori al centro della storia che facciamo la parte degli investigatori: ogni capitolo ci viene fornito il tassello mancante per ricostruire tutta la vicenda.
Tratto liberamente dall'omonimo romanzo di Stephen Amidon, Il capitale umano è una storia avvincente che fa molto riflette su come le nostre vite siano condizionate dal denaro e come in questa storia possano rimaner vittime gli unici che con le smanie di arricchimento non c'entravano proprio nulla.
 

sabato 18 gennaio 2014

One Day

Il destino a volte lega più di qualsiasi altra cosa e non esiste distanza o difficoltà che riesca veramente a separare due persone che si amano e sono destinate.
Sembra questo il messaggio che One Day vuole dare, film diretto da Lone Scherfig tratto dall'omonimo romanzo di David Nichols: Emma e Dexter da quel 15 luglio del 1988 erano destinati a vivere il loro amore in un solo giorno ogni anno, da quel 15 luglio, il giorno di San Swithin, Em e Dex saranno destinati a cercarsi senza mai trovarsi ed ad amarsi sempre al momento sbagliato.

"Non pensare che io ci sia rimasta male per stanotte, non voglio il tuo numero né lettere o cartoline e non ti voglio sposare, sappilo, e di certo non voglio bambini. E comunque vada domani, abbiamo vissuto oggi, e se ci dovessimo incrociare in futuro sarà meglio così! "

Emma, interpretata da una bellissima e bravissima Anne Hathaway, è una ragazza impacciata piena di grandi ideali che sogna di diventare una scrittrice, mentre Dexter, interpretato dall'affascinante Jim Sturgess, è un bel giovane di famiglia facoltosa che a differenza di Emma non ha consistenti progetti per il futuro.
Da quella notte quei due giovinastri neolaureati per poco non fecero l'amore: Dexter non poteva fare a meno di Emma e Emma di Dexter.
Due vite diverse, separate, ostacolate da altri amori ma destinate.
Per 20 anni  si sentiranno e penseranno a cosa starà facendo l'altro, mentre Dexter viene risucchiato dalla vita frenetica e sregolata del mondo dello spettacolo e Emma diventa un insegnate di lettere e costruisce pian piano il suo sogno di diventare una scrittrice.
Forse significa questo l'amore: cercare il proprio complementare senza mai arrendersi, sentire dentro che quando si è con quella persona siamo completi, una sola cosa.
Secondo un antico mito greco in un tempo gli uomini avevano 4 braccia, 4 gambe e due teste ed erano così felici da aver suscitato l'invidia di Zeus che decise di separare l'uomo in due metà costringendolo per il resto della sua esistenza a cercare quella metà che lo avrebbe reso completo, di nuovo felice.
Emma e Dexter solo l'uno la metà dell'altro: si completano nei loro difetti e nei loro pregi. 

Al film non manca assolutamente nulla di quello che è scritto nel libro, lo posso affermare da buona lettrice: le emozioni che riesce a trasmetterti ogni singola pagina del libro ti avvolgono nel film coinvolgendoti completamente nella storia.

Anche noi come Emma e Dexter cerchiamo qualcosa o qualcuno che sembra irraggiungibile ma nonostante tutto sentiamo che quella cosa o persona ci sia destinata in tal modo che non riusciamo a smettere di pensare a quella costantemente, ogni giorno, ogni istante, ogni 15 luglio.
 
 

venerdì 17 gennaio 2014

Qualcuno volò sul nido del cuculo



Oggi voglio parlare di un film che è stato particolarmente importante per me: è stato non solo il tema principale della mia tesina per la maturità ma è anche stato una fonte d'ispirazione per la mia futura carriera.
Ho visto questo film grazie a mio padre che me lo consiglio vivamente per trarre qualche spunto per fare la tesina e fu così che "Qualcuno volò sul nido del cuculo" è diventato non solo un dei miei film preferiti ma anche un'ispirazione.
La mia tesina trattava l'ambito della malattia mentale rappresenta nell'ambito cinematografico; cinema e psichiatria sono nati nella stessa epoca, sono cresciuti insieme e fin dall’inizio hanno condiviso un medesimo soggetto: il malato di mente, il pazzo, il folle, il disadattato e le proprie emozioni e atteggiamenti con il mondo dei “sani”.

“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è un film di Milos Forman vincitore di ben 5 Oscar, tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey e che scosse profondamente l’opinione pubblica riguardo ai trattamenti a cui erano sottoposti i malati mentali negli ospedali psichiatrici mentre il mondo negli anni sessanta stava vivendo il benessere del boom economico.
Randle McMurphy è il protagonista di questa avvincente storia, interpretato da un bravissimo psichedelico Jack Nicholson: Randle si trova ricoverato il una clinica psichiatrica per alcuni reati commessi e per scampare al carcere si finge pazzo.
McMurphy si distinguerà dagli altri pazienti per il suo atteggiamento anticonformista: si prende gioco delle sedute di psicoanalisi della dottoressa Ratched, la caporeparto, ed inoltre non rispetta le severe regole dell’ospedale e si rifiuta di prendere i medicinali.

Per metafora, il nido è il manicomio e il cuculo l'infermiera capo, che con il suo staff si insinua nelle loro menti e se ne impossessa, distruggendone ogni potenzialità. Quel “qualcuno” è Randle, delinquente mandato “tra i matti” per correggere alcuni suoi comportamenti ribelli: sarà lui a smascherare il carattere repressivo dell'istituzione, pagando per questo il duro prezzo dell'uso indiscriminato che veniva fatto di lobotomia ed elettroshock.
L’atteggiamento di McMurphy mette quindi in rilievo il distacco disumano che infermieri e dottori hanno all’interno dell’ospedale: durante il film può nascere il dubbio se nel manicomio i veri malati siano i pazienti o i dottori stessi, concezione simile a quella di Zeno Cosini, il protagonista del romanzo “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo.
Zeno personaggio che si sente malato perché non si rispecchia nella società, o Zeno, come Randle McMurphy, è unico vero sano perché vive in una società malata che non lo rispecchia?

E' un film che consiglio vivamente: una storia avvincente, commovente e che fa molto riflettere e con attori così realistici nel ruolo di malati psichiatrici da poter fare una vera e propria indagine psicologica su ognuno di loro.

 

 


 

giovedì 16 gennaio 2014

La corsa per gli Oscar

Inizio con un film che in questi giorni è stato al centro dell'attenzione grazie ad un Golden Globes per miglior film straniero ed una nomination agli Oscar: "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino.
Ho visto questo film già ben due volte e non posso che dire che è un film meraviglioso a partire dalla fotografia: gli squarci che "La Grande Bellezza" da di Roma sono mozzafiato e risaltano al massimo la bellezza e il fascino di questa nostra città.
Protagonista di questo film è Jep Gambardella, un giornalista che ha fatto la propria fama e fortuna con un solo libro scritto in gioventù, interpretato da un bravissimo Toni Servillo.

«Quando sono arrivato a Roma, a 26 anni, sono precipitato abbastanza presto, quasi senza rendermene conto, in quello che potrebbe essere definito "il vortice della mondanità". Ma Io non volevo essere semplicemente un mondano. Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire.»

Jep sprofonda nel circolo vizioso della mondanità di Roma ma anche dei nostri tempi: un lusso e uno sfarzo che arrivano ad un eccesso tale da diventare squallido e triste come il volto in primo piano di Jep in una delle prime scene del film che tra la musica e il caos della festa per il suo sessantacinquesimo compleanno è assente e stona con tutto il resto.
Non solo il volto nella prima scena ma  Jep stesso stona con il mondo in cui vive perché è "destinato alla sensibilità" e quindi ad andare al di là di tutto quello che è apparenza.
E così il film si alterna tra feste che ricordano vagamente la scena della cena di Trimalcione rappresentata da Fellini tratta dal Satyricon di Petronio, popolate da personaggi che vivono solo di superficiali apparenze e mondani interessi, ed immagini che ti colpiscono nel profondo non solo per la fotografia ma anche per la loro particolare simbologia.

Il significato de "La Grande Bellezza" non può esser appreso subito e la simbologia nascosta dietro ogni immagine non è facile da svelarsi alla prima visione del film: cosa è la grande bellezza?
E' forse tutto quello che si trova sedimentato sotto il chiacchiericcio, le vere emozioni, le vere paure che vanno al di là della superficialità con cui ci approcciamo alla vita?
Paolo Sorrentino con questo film chiede cosa è per noi la grande bellezza e dove è nascosta; noi tutti come Jep la cerchiamo "nascosta sotto il bla bla bla" per trovare l'ispirazione, per rinascere per vivere veramente e dare un senso a quello che stiamo facendo.

Con motivi che ricordano vagamente una Dolce Vita di Fellini, Sorrentino ci ha regalato un ritratto molto realistico della civiltà d'oggi, un vero e proprio capolavoro che spero proprio di veder vincere l'Oscar quest'anno.


 

La mia passione

"Il cinema è un alto artificio che mira a costruire realtà alternative alla vita vera, che gli provvede solo il materiale grezzo. "
                                                                                               Umberto Eco
 
 Io ho una grande passione per il cinema, per questa realtà alternativa che ha il potere di estraniarci per quella manciata di ore dal mondo.
Mi piace quando sono al cinema immersa nel buio e in me stessa e davanti a me si apre una finestra che da su una realtà estranea, ma solo in apparenza  perché alla base di ogni sceneggiatura c'è quel "materiale grezzo" noto come la vita di tutti noi.
Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio, secondo il grande Federico Fellini: infatti il cinema riesce a dar vita ad una storia, a dar vita a dei personaggi e a scegliere se mettere un lieto fine o lasciare a noi spettatori immaginare un finale.
Il cinema plasma a suo piacimento emozioni, paure e sogni: tutti noi ci riconosciamo in un film e per questo lo vediamo con occhi e punti di vista diversi.
Qua voglio esporre il mio punto di vista, per quel che ne so io di cinema: non sono né un critico, né un regista, né sono ancora riuscita a vedere davvero tutti i film degni di nota prodotti fino ad ora; mi pongo solo l'obiettivo di ingrandire questa mia mediocre ma già consistente cultura cinematografica con questo blog.
Qua condividerò il mio giudizio su film che hanno fatto la storia del cinema, su film che invece saranno destinati a farla oppure vi metterò alla larga da film che non meritano nemmeno di esser considerati tali...per quel che ne so io di tutto questo!