mercoledì 14 settembre 2016

A metà strada

Tra i grattacieli costellati di neon non è difficile intravedere la sagoma di qualche antico tempietto, e accanto alla BMW ferma al semaforo spesso sfreccia un risciò che non rispetta mai il codice della strada, ed uno sciame di motorini cavalcati da spavaldi senza casco con aggrappati dietro 3 passeggeri. Le città in Cina sono un simpatico compromesso tra occidente ed oriente: persone con una cultura così radicata che pretendono di nasconderla dietro qualche parvenza di modernità.
Lanzhou, come la maggior parte delle città cinesi, è una città che ha avuto un enorme crescita e sviluppo e che ancora sta crescendo: appena ti affacci alla periferia della città  i grattacieli  spuntano dal nulla come funghi, e crescono ogni giorno più alti facendo della città stessa un cantiere a cielo aperto ed in progetto c'è anche la costruzione di una rete metropolitana che sperano di completare in meno di tre anni: una crescita così veloce che credo non dia il tempo alle persone di adattarsi ai cambiamenti.
Questo (mancato) tentativo di occidentalizzazione rende la città ancor più esotica ai miei occhi: accanto a degli enormi centri commerciali pieni di luci che ostentano i nomi delle marche più famose ci sono piccole botteghe con l'insegna decadente che ti offrono in un ambiente molto casalingo degli ottimi 牛肉麵, noodles in brodo di manzo con verdure, rigorosamente serviti piccanti.
Giri l'angolo e ti imbatti nuovamente in un negozio della Nike con davanti fermo uno dei migliaia carretti che vendono frutta di ogni tipo a prezzi irrisori.
Una delle  parti più vive e vere di Lanzhou è il mercato notturno: da quando sono arrivata ci sono stata almeno 3 volte per mangiare del buon cibo di strada, non preoccupandomi naturalmente della condizione igienica in cui viene servito.
Camminando nella stretta viuzza braccata da mille bancarelle puoi assaggiare qualsiasi tipo di pietanza, dagli spiedini di carne piccante fino al naso di maiale glassato per non parlare della famosa zuppetta di latte caldo e uova: ti arrivano al naso una miriade di buoni odori e di puzze insopportabili. Caos, disordine, il fumo delle braci che annebbia il tuo procedere in quel mondo parallelo che sembra così autentico da non essere nemmeno un po' turistico. Lanzhou non è una meta turistica, tutte le guide la descrivono come una zona senza niente di particolare da visitare, per questo è una città che ancora vive chiusa dall'occidente e te unico europeo che si aggira tra mille volti dagli occhi a mandorla ti senti un po' un alieno.
Alcuni ti fissano con stupore misto a paura, non ti parlano né ti guardano negli occhi, altri invece sono esaltati nel vederti e vieni trattato come una specie in via d'estinzione: ti scattano foto di nascosto o ti chiedono molto ingenuamente di fare un selfie assieme.
Si trovano a metà strada, ancora molto legati al loro lato orientale ma protratti verso quello che la globalizzazione offre: praticano Tai Qi al mattino e poi magari a pranzo si mangiano un hamburger da Dico's, una catena fast food cinese che assomiglia molto al McDonald's,  molti bambini piccoli sono ancora vestiti con le tipiche tutine che mostrano le loro parti genitali così da poter urinare qualsiasi volta vogliono per strada mentre le loro madri sono intente a mandare messaggi ad una chat di gruppo su WeChat con un telefono ipertecnologico. Vivono una crisi di identità, oppure si stanno adagiando a questa mezza via tra due mondi così distanti?
L'altro giorno sono stata su una delle montagne che accerchiano la città dove fioriscono nel silenzio, lontani dal caos del traffico cittadino, numerosi piccoli monasteri buddisti: un anziano con un cappello di paglia guardava l'orizzonte costellato da grattacieli, da lì si sentivano a malapena i clacson impazziti della città ma si poteva sentire il cuore pulsante di un luogo che cresce giorno dopo giorno ma non va di pari passo con le persone che vi sono nate. 

mercoledì 7 settembre 2016

Primo impatto

Mi sembra impossibile essere ancora tutta intera dopo un viaggio durato quasi una giornata e mezzo . 
Quando ancora era buio sono salita in auto per arrivare all'aeroporto: è stato un po' come andare sulle montagne russe, sali piano piano mentre la salita si fa sempre più ripida inizi a ripetere dentro di te che la discesa è ormai vicina. 
 
L'adrenalina sale e ti senti una mano che ti stringe lo stomaco, lo spreme come un tubetto di ketchup, forse anche per questo non è consigliato andare sulle montagne russe dopo un bel cheeseburger con patatine fritte.
Quella mano ti si avvinghia allo stomaco, e ci sei non hai il coraggio di guardare giù e già precipiti nel vuoto: arrivare dopo 10 ore di volo e 7 di scalo a Lanzhou  è stato così ed ancora devo realizzare di essermi buttata in questa avventura.
Vi starete chiedendo : "Lanzhou? Dove cavolo si trova Lanzhou?" È stata la stessa domanda che mi sono posta quando ho letto il nome della mia destinazione .
Ammetto di non essere un genio in geografia, a volte sbaglio pure alcune capitali europee, sono una frana praticamente, ma tutte le persone che mi domandavano dove andavo di bello in Cina erano confuse ogni volta che rispondevo loro il nome di questo posto sperduto nel Gansu. In Europa sbagliamo a vedere la Cina solo come Pechino o Shanghai:  è piena di sfaccettature interessanti e città bellissime anche se non molto conosciute a noi occidentali. Anche molti  miei compagni di università hanno scelto mete meno celebri ma a detta di wikipedia o guide turistiche molto belle e verdi. La descrizione che ho trovato di Lanzhou invece è stata: "è tra le città più inquinate in Cina  non c'è niente di interessante da fare o da vedere", invitante no? 
Già mi ero immaginata un posto grigio e triste senza attrattive dove mi sarei morta asfissiata dallo smog o dalla noia.
Buttando giù il boccone amaro e cacciando i mille pregiudizi che mi ero fatta  sono partita per "Laggiù",  parafrasando il simpatico gioco di parole che miei genitori hanno fatto considerando che questa città oltre a non esser molto turistica si trova pure  lontana dalle mete più turistiche in Cina.
In fin dei conti, anche se non mi trovo qua da molto tempo la mia cara Laggiù non mi pare così male: è grandissima, e devo ancora scoprirla tutta.

 
 
 

 
 
Vedere la mia camera è stato un altro colpo basso che non mi aspettavo; sapevo che i cinesi non sono maestri della pulizia ma non mi aspettavo fossero così trasandati: ho pianto come un neonato quando ho visto il bagno che dovrò usare per i prossimi 5 mesi. Dopo aver visto anche le altre camere ho appreso che nemmeno chiedendo di cambiare stanza le cose sarebbero migliorate, ma molto probabilmente peggiorate. Tubi scoperti, lavandino quasi spaccato a metà, doccia con acqua calda solo 3 volte al giorno per due ore e sporco, sporco di ogni genere ovunque: la mia camera appena arrivata era un parco divertimenti per i pidocchi e batteri, l'idea di mettere una moquette in un dormitorio  è pessima, fidatevi. Sono abituata alle situazioni spartane, e vi giuro nel momento in cui ho visto la mia stanza ho pregato per avere una tenda e dormire fuori. 

Ci vuole un grande spirito di adattamento, novn posso cambiare la stanza ma posso migliorarla, mi sono detta; voi  non potete immaginare come un semplice lenzuolo rosa a fiori  un aspirapolvere e del disinfettante riescano a fare miracoli! 
Ho passato la maggior parte del tempo a pulire e a migliorare una camera assieme alla mia nuova coinquilina Colombiana in questi due giorni: è diventata decente anche se ha lo stesso odore di una piscina comunale per la varechina che ho sparso ovunque. 
 Siamo solo all'inizio di questa avventura, sono tante le difficoltà che dovrò affrontare e sono pronta (credo) ad affrontarle. 


giovedì 1 settembre 2016

Nostalgia prima di una partenza

L'odore della terra bagnata scatena in me una miriade di ricordi: una semplice mattinata di pioggia di fine agosto ha cancellato il ricordo sbiadito di un estate un po' strana e riportato con veemenza il profumo dei colori autunnali ormai alle porte.
Non sono mai stata un amate delle calde giornate estive, forse perché non le ho mai vissute a dovere, mai quanto vivo con passione i tristi e grigi pomeriggi autunnali.
Mi piace il silenzio interrotto dalla pioggia, udito al caldo tra le mie coperte abbracciata ad un libro, mi piace sentirmi sicura e cullata dalla mia malinconia.
Quelle prime gocce d'acqua hanno cancellato ogni traccia dell'afa estiva: mi hanno fatto pensare alla scuola, che ormai non frequento più da qualche anno e alla frenesia nella scelta dei nuovi quaderni e diari appena entravo in una cartoleria.
Ricordo come meticolosamente preparavo il mio rientro tra i banchi con un entusiasmo che pochi bambini avevano a fine estate. Pensavo già ad Halloween e all'amore per il colore arancio e le cioccolate calde, la sveglia presto al mattino quando ancora tutti dormivano ed il rumore dei miei passi che si avviavano verso la fermata dell'autobus.
Mi manca quella routine, ed il modo in cui ogni giorno fosse a uguale al precedente, adoravo stringermi nei maglioni dell'anno passato che ancora odoravano di naftalina e mi piaceva iniziare già a pensare al Natale ed alle luci che illuminavano delle giornate fin troppo brevi.
Non esistevano litigi su cosa fare e dove andare al mare, come d'estate, ma era proprio bello non dover far nulla che non fosse la normale routine casalinga.
Suona strano sentire queste parole da una tipa che ha passato la maggior parte della propria adolescenza con il desiderio di scappare dalla normalità e dalla quotidianità: sono una nostalgica ed ora che non sto preparando uno zaino con i libri per tornare al liceo mi manca questa sicurezza che mi dava settembre.
Invece di uno zainetto mi ritrovo a preparare una valigia già da due anni, da quando ho iniziato l'università e mi sono trasferita a Venezia lasciandomi alle spalle il comfort di vivere a casa con la propria mamma che lava e stira .
Questa volta mi trovo a preparare una valigia un po' più leggera: i tanto temuti 23 kg richiesti dalle compagnie aeree, e credevo un' impresa quasi impossibile riuscire ad infilare dentro quella mia cara compagna di avventure di colore rosso tutto il superfluo necessario per un avventura che durerà 5 mesi. Non è la prima volta che viaggio all'estero da sola, ho sempre amato viaggiare: mia mamma giustifica sempre questo mio amore per gli spostamenti con il fatto che sia nata sotto il segno del sagittario, mentre mio padre pensa che sia stato lui a trasmettermi questa passione per l'avventura e le nuove scoperte. Non sono mai stata lontana da casa per più di un mese e mezzo, questo un po' mi spaventa e mi carica di un adrenalina strana che a volte confondo con l'ansia che mi si aggrappa alla bocca dello stomaco e non mi lascia respirare. Che vuoi che sia? Tanti miei amici sono partiti per Erasmus più lunghi, o sono andati a lavorare in Inghilterra per anni e li ho sempre un po' guardati con invidia ed ora che vado a vivere a 10 ore di aereo da casa e mi prende l'ansia, io che adoro viaggiare e quando sono a casa pur di uscire vado anche 2 volte nello stesso giorno al supermercato.
Domani all'alba caricherò la mia valigia in auto e mi dirigerò all'aeroporto, saluterò i miei genitori e mia sorella che sicuramente avranno ancora gli occhi chiusi dal sonno e me ne andrò, come hanno già fatto tanti miei compagni di università.
"Ma una nipote normale? Una che studiava a Pisa e che magari a quest'ora aveva un bel fidanzato no?" ha detto l'altro giorno mia nonna: non sono quel genere di nipote, non sono quel genere di ragazza "normale", forse ho aspettative troppo alte, sono un inguaribile sognatrice ad occhi aperti ed anche se mi viene l'ansia quando devo scegliere che tipo di pizza prendere prima che arrivi il cameriere, sono sicura che questa volta aver scelto di buttarmi sugli involtini primavera ed il riso alla cantonese non è stata poi una cattiva idea quanto feci la tanto sofferta scelta della facoltà universitaria: partirò con questa sana ansia caratteristica del mio carattere pronta a vivere una delle mie mille avventure, Cina sto arrivando.