domenica 27 aprile 2014

The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca

Nel 1952 mai nessuno avrebbe immaginato che un giorno  sarebbe stato eletto un presidente degli Stati Uniti un uomo di colore; Cecil Ganes, da semplice “nero di casa”, proprio in quell’anno iniziava il suo lungo servizio da maggiordomo alla Casa Bianca.
Per otre 34 anni Cecil ha servito fedelmente bel sette presidenti diversi, assistendo silenziosamente e passivamente alle decisioni più importanti della storia americana.
La pellicola diretta da Lee Daniels trae ispirazione da un articolo pubblicato sul “Washington Post” rappresentando così la storia vera di Eugene Allen, maggiordomo di colore che servì la casa bianca per oltre tre decenni.


Lee Daniels ha deciso di rappresentare il film alternando fatti di vita di privata del protagonista ad eventi storici importantissimi nella storia americana: così mentre Cecil serviva, come se fosse invisibile, il tè nella sala ovale ascoltando le conversazioni tra personaggi politici più importanti, che decidevano le sorti d’America, fuori i due figli di Cecil lottavano per i propri diritti.
In quegli anni anche la visione politica e sociale dei cittadini di colore non era univoca: c’era chi come Cecil aspettava un cambiamento “dall’alto” e nel frattempo decideva di non agire sottomettendosi passivamente alla società dei bianchi, come era stato abituato a fare fin dalla nascita; ed infine c’era chi invece iniziava a coltivare una visione rivoluzionaria come quella dei figli di Cecil, i quali in prima persona si attivano affinché qualcosa cambi.
Le visioni opposte creano incomprensioni non solo nella società ma anche nella vita privata di Cecil con i suoi figli: si creano incomprensioni che mettono in risalto una crisi dei valori, ma anche una rivoluzione della stessa visione della vita con un graduale passaggio dalla generazione di Cecil alla nuova generazione.
La figura possente ma umile del protagonista, interpretato da Forest Whitake, è stata un mezzo efficace per trasmettere un messaggio pedagogico che non fosse troppo pedante ed indocile come quello invece che aveva invece ricostruito Tarantino con Django: chi meglio di un regista afroamericano avrebbe potuto dirigere una pellicola che vuol trattare il punto di vista dei cittadini di colore, escludendo del tutto il punto di vista dei bianchi?
The Butler è un film che va a completare il variopinto puzzle di film che raccontano la graduale conquista dei diritti civili nella storia degli Afroamericani, approdando in sala dopo Django Unchained di Tarantino , Lincoln di Spielberg e prima di 12 anni schiavo di Steve McQueen.
The Butler si posiziona tra tutte queste opere che sembrano richiamarsi vicendevolmente, proseguendo l'una i discorsi dell'altra e componendo il colossale affresco di una nazione perennemente indecisa fra scelte morali e violenza, tra parole e pistole, in particolare dall’elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti.
Lee Daniels approfitta di questa pellicola per proseguire il suo percorso di rilettura critica della storia americana inserendo la questione razziale, che aveva già iniziato con il film “Precious”.
Nell’arco temporale del servizio di Cecil alla casa bianca possiamo notare un America molto forte economicamente dopo la Seconda Guerra mondiale, ma purtroppo ancora molto arretrata socialmente.

"Gli americani chiudono sempre un occhio su quello che hanno fatto al loro popolo. Guardiamo il resto del mondo e giudichiamo. Sentiamo parlare dei campi di concentramento ma quei campi ci sono stati per ben 200 anni anche qui, in America." afferma Cecil in una delle scene finali del film guardando in parallelo il proprio presente, con Barack Obama candidato alla presidenza, ed il proprio passato rappresentato dalle piantagioni di cotone dove aveva trascorso la sua intera infanzia.
Oltre al cast stellare che compone questo film, che va da Oprah Winfey e Mariah Carrey  a Robin Williams e Lenny Kravitz, The Butler è sicuramente un’ opera eccezionale che ha saputo raccontare per immagini la storia di un paese che ha molto da dire circa il suo passato: un’ impresa sicuramente non semplice rappresentare in una sola pellicola un arco temporale così pregno di storia.
In una manciata di minuti vediamo l’evolversi di una società e della storia: da Martin Luther King alle Black Panters, dall’omicidio di Kennedy allo scandalo Watergate fino ad arrivare alla figura possente di Cecil Ganes, ormai anziano, che attende di incontrare Barack Obama, il suo sogno divenuto finalmente realtà.
Cecil nell’ultima scena del film si appresta ad incontrare il suo “ultimo presidente”, quello in cui ha racchiuso tutte le sue speranze e che avrebbe voluto servire tempo prima: zoppicando si incammina per l’ultima volta tra i corridoi della Casa Bianca nei quali ha servito a lungo non solo sette presidenti, ma gli Stati Uniti d’America stessi.


Lee Daniels è riuscito a renderci complici e partecipi di una svolta storica e del netto passaggio verso l’era moderna con un film che denuncia la discriminazione razziale, rivendicando una competenza antropologica e culturale che suona come una dichiarazione di apartheid. 

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