Le margherite sono sbocciate in anticipo in giardino e ieri si sentiva nell'aria un profumo di primavera anomalo per quella che invece doveva essere solo l'ultima domenica di febbraio. Il cielo era di un celeste intenso e mentre mi incamminavo verso casa di nonna assieme alla mia famiglia per il classico pranzo domenicale fissavo la rosa chioma del mandorlo già in fiore che lasciava filtrare deboli i raggi del sole: era una semplice domenica, un copione già scritto che si adatta ad ogni stagione.
Nella domenica di ieri di anomalo non c'è stato solo il clima primaverile ma anche le due immense valigie che mi attendevano sul tavolo di cucina pronte per esser riempite delle indispensabili cianfrusaglie che mi porterò dietro tra poche ore. E' già tempo di ripartire e le emozioni come al solito sono strane. Ed eccomi qua tornata a scrivere sul mio diario di bordo dopo quasi un mese e mezzo passato a studiare per gli esami a Venezia ed ad oziare coccolata a casa dalla mia famiglia ( senza contare i litigi con mamma a causa del mio spiccato senso del disordine).
Tornare dopo quattro mesi di assenza è stato strano tanto quanto partire per un paese lontano: tutto era rimasto così come lo avevo lasciato ma ero io questa volta a sentirmi fuori posto.
Il mio armadio ormai si è trasformato nel rifugio dei vestiti indesiderati di mia sorella, un' accozzaglia di ricordi e di stracci vecchi che fa troppo dispiacere buttare via, un po' come strappare delle pagine ad un bel libro: è un ripostiglio in cui ogni tanto dormo sperando che l'armadio non si apra e decida di esplodermi addosso.
Vivo in una stanza che assomiglia sempre di più ad album dei ricordi: come osservando il tronco di un albero tagliato ho contato gli anni, i sorrisi e le fotografie stampate, una rarità nell'epoca del digitale.
Nel mio scavo archeologico, 4 mesi di distanza da casa si sono trasformati in 4 anni di grandi cambiamenti, e questo flusso di pensieri e di nostalgia sono le radici che mi tengono con il cuore sempre mai troppo lontano da casa.
Camminare per Venezia stessa è stato un miscuglio di emozioni simili a quelle che Ebenezer Scrooge del libro "Canto di Natale" di Charles Dickens ha vissuto guardando da spettatore le vicende mostrategli dal fantasma del Natale Passato: il forte odore della laguna alla sera, insieme al rumore dei vaporetti che ti cullano nel tragitto dalla stazione fino a San Marco, la biblioteca sempre calda ed affollata sotto esame mi hanno fatto viaggiare per un istante nel passato, come se non fossi mai partita e tornata dopo così tanti mesi... ma almeno per questa volta mi fermo con l'elenco di memorie malinconiche che tendo solitamente a fare.
Ora mi trovo qua, nella camera che si è trasformata in uno scavo archeologico nell'ultimo mese a fare un resoconto di quello che farò da qua alla fine di maggio: torno in Cina. A volte penso di esser bipolare: alterno momenti di gioia al pensiero di vivere un' altra avventura nel continente giallo e nel rivedere tutti i miei amici a momenti in cui mi ripeto "ma chi me lo fa fare? potevo starmene qua a casa buona buona con mamma che lava e stira e mi fa le coccole." Ma il problema è che vivo sempre ogni luogo con un tempo limitato, quando sono a casa conto i giorni che mancano alla prossima partenza e quando sono via da casa conto invece i giorni che mancano al mio ritorno.
"Nessun posto è casa mia" ha cantato Chiara Galliazzo poche settimane fa a Sanremo , mentre ero sul divano assieme alla mia famiglia, con tanto di cane accoccolato accanto: mi sono riconosciuta nel testo di quella canzone. Sono fortunata ad avere la possibilità di viaggiare così tanto, ma allo stesso tempo non mi sento mai veramente a casa: è bello tornare dalla propria famiglia, assaporare un bel piatto di lasagne fatto in casa e sentire il cane che abbaia tutte le volte che torni dal supermercato, spettegolare con mamma in cucina mentre finiamo un intero pacchetto di mandorle o fare infinite passeggiate in campagna con babbo, ma vivo tutto con quella strana consapevolezza che tutto avrà breve durata, che devo esser sempre pronta a ripartire: ed è per questo motivo vivo queste semplici cose con un emozione ed una gioia sempre più grandi. Per ora sto vivendo la vita che ho sempre sognato, con la valigia in mano, un destino che ho iniziato a scrivere dal momento in cui mi sono trasferita a Venezia a studiare, ma ogni medaglia ha il suo rovescio: non sento mai un posto casa mia, fatico a creare delle radici, a sistemare una camera per renderla più accogliente a fare promesse e a prendere appuntamenti a lungo termine. Non riesco tutt'ora a realizzare che tra poche ore questa monotonia da poco riconquistata verrà portava via con me assieme un volo aereo.
Mi piace mettere un po' di malinconia in tutte le mie partenze, è quello che le rende più romantiche e più adatte da esser inserite come scena iniziale o finale di un film (sperando che la scenografia accuratamente abbinata con una colonna sonora dalla mia playlist del 'iPhone non sia rovinata da un ciccione cinese seduto accanto per 12 ore di aereo che mangia ininterrottamente in modo molto rumoroso)
"perché si torna sempre dove si torna sempre dove si è stati bene, ed i posti sono semplicemente persone" viene cantato da Chiara Galliazzo nella canzone portata a Sanremo; parto pensando alle persone che mi aspettano in Cina, e pensando anche al ritorno: ogni viaggio è un cerchio che si chiude per poi ricominciare.
Nella domenica di ieri di anomalo non c'è stato solo il clima primaverile ma anche le due immense valigie che mi attendevano sul tavolo di cucina pronte per esser riempite delle indispensabili cianfrusaglie che mi porterò dietro tra poche ore. E' già tempo di ripartire e le emozioni come al solito sono strane. Ed eccomi qua tornata a scrivere sul mio diario di bordo dopo quasi un mese e mezzo passato a studiare per gli esami a Venezia ed ad oziare coccolata a casa dalla mia famiglia ( senza contare i litigi con mamma a causa del mio spiccato senso del disordine).
Tornare dopo quattro mesi di assenza è stato strano tanto quanto partire per un paese lontano: tutto era rimasto così come lo avevo lasciato ma ero io questa volta a sentirmi fuori posto.
Il mio armadio ormai si è trasformato nel rifugio dei vestiti indesiderati di mia sorella, un' accozzaglia di ricordi e di stracci vecchi che fa troppo dispiacere buttare via, un po' come strappare delle pagine ad un bel libro: è un ripostiglio in cui ogni tanto dormo sperando che l'armadio non si apra e decida di esplodermi addosso.
Vivo in una stanza che assomiglia sempre di più ad album dei ricordi: come osservando il tronco di un albero tagliato ho contato gli anni, i sorrisi e le fotografie stampate, una rarità nell'epoca del digitale.
Nel mio scavo archeologico, 4 mesi di distanza da casa si sono trasformati in 4 anni di grandi cambiamenti, e questo flusso di pensieri e di nostalgia sono le radici che mi tengono con il cuore sempre mai troppo lontano da casa.
Camminare per Venezia stessa è stato un miscuglio di emozioni simili a quelle che Ebenezer Scrooge del libro "Canto di Natale" di Charles Dickens ha vissuto guardando da spettatore le vicende mostrategli dal fantasma del Natale Passato: il forte odore della laguna alla sera, insieme al rumore dei vaporetti che ti cullano nel tragitto dalla stazione fino a San Marco, la biblioteca sempre calda ed affollata sotto esame mi hanno fatto viaggiare per un istante nel passato, come se non fossi mai partita e tornata dopo così tanti mesi... ma almeno per questa volta mi fermo con l'elenco di memorie malinconiche che tendo solitamente a fare.
Ora mi trovo qua, nella camera che si è trasformata in uno scavo archeologico nell'ultimo mese a fare un resoconto di quello che farò da qua alla fine di maggio: torno in Cina. A volte penso di esser bipolare: alterno momenti di gioia al pensiero di vivere un' altra avventura nel continente giallo e nel rivedere tutti i miei amici a momenti in cui mi ripeto "ma chi me lo fa fare? potevo starmene qua a casa buona buona con mamma che lava e stira e mi fa le coccole." Ma il problema è che vivo sempre ogni luogo con un tempo limitato, quando sono a casa conto i giorni che mancano alla prossima partenza e quando sono via da casa conto invece i giorni che mancano al mio ritorno.
"Nessun posto è casa mia" ha cantato Chiara Galliazzo poche settimane fa a Sanremo , mentre ero sul divano assieme alla mia famiglia, con tanto di cane accoccolato accanto: mi sono riconosciuta nel testo di quella canzone. Sono fortunata ad avere la possibilità di viaggiare così tanto, ma allo stesso tempo non mi sento mai veramente a casa: è bello tornare dalla propria famiglia, assaporare un bel piatto di lasagne fatto in casa e sentire il cane che abbaia tutte le volte che torni dal supermercato, spettegolare con mamma in cucina mentre finiamo un intero pacchetto di mandorle o fare infinite passeggiate in campagna con babbo, ma vivo tutto con quella strana consapevolezza che tutto avrà breve durata, che devo esser sempre pronta a ripartire: ed è per questo motivo vivo queste semplici cose con un emozione ed una gioia sempre più grandi. Per ora sto vivendo la vita che ho sempre sognato, con la valigia in mano, un destino che ho iniziato a scrivere dal momento in cui mi sono trasferita a Venezia a studiare, ma ogni medaglia ha il suo rovescio: non sento mai un posto casa mia, fatico a creare delle radici, a sistemare una camera per renderla più accogliente a fare promesse e a prendere appuntamenti a lungo termine. Non riesco tutt'ora a realizzare che tra poche ore questa monotonia da poco riconquistata verrà portava via con me assieme un volo aereo.
Mi piace mettere un po' di malinconia in tutte le mie partenze, è quello che le rende più romantiche e più adatte da esser inserite come scena iniziale o finale di un film (sperando che la scenografia accuratamente abbinata con una colonna sonora dalla mia playlist del 'iPhone non sia rovinata da un ciccione cinese seduto accanto per 12 ore di aereo che mangia ininterrottamente in modo molto rumoroso)
"perché si torna sempre dove si torna sempre dove si è stati bene, ed i posti sono semplicemente persone" viene cantato da Chiara Galliazzo nella canzone portata a Sanremo; parto pensando alle persone che mi aspettano in Cina, e pensando anche al ritorno: ogni viaggio è un cerchio che si chiude per poi ricominciare.