lunedì 27 febbraio 2017

nessun posto è casa mia

Le margherite sono sbocciate in anticipo in giardino e ieri si sentiva nell'aria un profumo di primavera anomalo per quella che invece doveva essere solo l'ultima domenica di febbraio. Il cielo era di un celeste intenso e mentre mi incamminavo verso casa di nonna assieme alla mia famiglia per il classico pranzo domenicale fissavo la rosa chioma del mandorlo già in fiore che lasciava filtrare deboli i raggi del sole: era una semplice domenica, un copione già scritto che si adatta ad ogni stagione.
Nella domenica di ieri di anomalo non c'è stato solo il clima primaverile ma anche le due immense valigie che mi attendevano sul tavolo di cucina pronte per esser riempite delle indispensabili cianfrusaglie che mi porterò dietro tra poche ore. E' già tempo di ripartire e le emozioni come al solito sono strane. Ed eccomi qua tornata a scrivere sul mio diario di bordo dopo quasi un mese e mezzo passato a studiare per gli esami a Venezia ed ad oziare coccolata a casa dalla mia famiglia ( senza contare i litigi con mamma a causa del mio spiccato senso del disordine).
Tornare dopo quattro mesi di assenza è stato strano tanto quanto partire per un paese lontano: tutto era rimasto così come lo avevo lasciato ma ero io questa volta a sentirmi fuori posto.
Il mio armadio ormai si è trasformato nel rifugio dei vestiti indesiderati di mia sorella, un' accozzaglia di ricordi e di stracci vecchi che fa troppo dispiacere buttare via, un po' come strappare delle pagine ad un bel libro: è un ripostiglio in cui ogni tanto dormo sperando che l'armadio non si apra e decida di esplodermi addosso.
Vivo in una stanza che assomiglia sempre di più ad album dei ricordi: come osservando il tronco di un albero tagliato ho contato gli anni, i sorrisi e le fotografie stampate, una rarità nell'epoca del digitale.
Nel mio scavo archeologico, 4 mesi di distanza da casa si sono trasformati in 4 anni di grandi cambiamenti, e questo flusso di pensieri e di nostalgia sono le radici che mi tengono con il cuore sempre mai troppo lontano da casa.
 Camminare per Venezia stessa è stato un miscuglio di emozioni simili a quelle che Ebenezer Scrooge del libro "Canto di Natale" di Charles Dickens ha vissuto guardando da spettatore le vicende mostrategli dal fantasma del Natale Passato: il forte odore della laguna alla sera, insieme al rumore dei vaporetti che ti cullano nel tragitto dalla stazione fino a San Marco, la biblioteca sempre calda ed affollata sotto esame mi hanno fatto viaggiare per un istante nel passato, come se non fossi mai partita e tornata dopo così tanti mesi... ma almeno per questa volta mi fermo con l'elenco di memorie malinconiche che tendo solitamente a fare.
Ora mi trovo qua, nella camera che si è trasformata in uno scavo archeologico nell'ultimo mese a fare un resoconto di quello che farò da qua alla fine di maggio: torno in Cina. A volte penso di esser bipolare: alterno momenti di gioia al pensiero di vivere un' altra avventura nel continente giallo e nel rivedere tutti i miei amici a momenti in cui mi ripeto "ma chi me lo fa fare? potevo starmene qua a casa buona buona con mamma che lava e stira e mi fa le coccole." Ma il problema è che vivo sempre ogni luogo con un tempo limitato, quando sono a casa conto i giorni che mancano alla prossima partenza e quando sono via da casa conto invece i giorni che mancano al mio ritorno.
 "Nessun posto è casa mia" ha cantato Chiara Galliazzo poche settimane fa a Sanremo , mentre ero sul divano assieme alla mia famiglia, con tanto di cane accoccolato accanto: mi sono riconosciuta nel testo di quella canzone. Sono fortunata ad avere la possibilità di viaggiare così tanto, ma allo stesso tempo non mi sento mai veramente a casa: è bello tornare dalla propria famiglia, assaporare un bel piatto di lasagne fatto in casa e sentire il cane che abbaia tutte le volte che torni dal supermercato, spettegolare con mamma in cucina mentre finiamo un intero pacchetto di mandorle o fare infinite passeggiate in campagna con babbo, ma vivo tutto con quella strana consapevolezza che tutto avrà breve durata, che devo esser sempre pronta a ripartire: ed è per questo motivo vivo queste semplici cose con un emozione ed una gioia sempre più grandi. Per ora sto vivendo la vita che ho sempre sognato, con la valigia in mano, un destino che ho iniziato a scrivere dal momento in cui mi sono trasferita a Venezia a studiare, ma ogni medaglia ha il suo rovescio: non sento mai un posto casa mia, fatico a creare delle radici, a sistemare una camera per renderla più accogliente a fare promesse e a prendere appuntamenti a lungo termine. Non riesco tutt'ora a realizzare che tra poche ore questa monotonia da poco riconquistata verrà portava via con me assieme un volo aereo.
Mi piace mettere un po' di malinconia in tutte le mie partenze, è quello che le rende più romantiche e più adatte da esser inserite come scena iniziale o finale di un film (sperando che la scenografia accuratamente abbinata con una colonna sonora dalla mia playlist del 'iPhone non sia rovinata da un ciccione cinese seduto accanto per 12 ore di aereo che mangia ininterrottamente in modo molto rumoroso)
"perché si torna sempre dove si torna sempre dove si è stati bene, ed i posti sono semplicemente persone" viene cantato da Chiara Galliazzo nella canzone portata a Sanremo; parto pensando alle persone che mi aspettano in Cina, e pensando anche al ritorno: ogni viaggio è un cerchio che si chiude per poi ricominciare.



sabato 7 gennaio 2017

Tempo di tornare

Come sono strani i giorni prima di una partenza, hai tutta la camera in disordine un po’ come i pensieri che hai in testa: un vero caos.
Non sai da dove iniziare la valigia, non sai chi e come salutare e ti chiedi se rivedrai mai alcune persone incontrate in questa unica avventura all’estero.
Purtroppo gli addii ed i saluti fanno parte di questa esperienza, una lunga serie di abbracci già iniziati a Venezia quando i primi raggi di sole estivi facevano brillare i bicchieri rossi di spritz per gli ultimi brindisi con l’allegra compagnia di studenti fuori sede.
Non diciamo addio alle persone , ma alle situazioni molto spesso: ho rivisto tante di quelle compagnie veneziane qua in Cina, poi esiste facebook, skype, wechat.. qualsiasio diavoleria tecnologica che unisce persone anche a molti chilometri di distanza . Come ho portato a termine la mia esperienza veneziana sono giunta al termine del mio semestre in Cina, nella mia Lanzhou, tanto detestata quanto amata per le persone fantastiche che mi hanno accompagnato in questi quattro mesi di stranezze immersa in una cultura così diversa che mi ha cambiata, fatto crescere ed insegnato davvero molto.
Tante avventure, tanti ricordi e tante cose da raccontare una volta tornata a casa: cammino lasciando che l’aria gelida di Gennaio mi accarezzi la faccia e guardo intorno luoghi che ormai stranamente mi sono così familiari, parlo e rido con persone che pochi mesi fa erano estranei venuti dall’altro capo del mondo ed adesso sono la mia famiglia. Strana la vita, a settembre ero disorientata ed in lacrime il mio primo giorno qua ed oggi che mi so muovere perfettamente in una realtà che pur sempre non mi appartiene e che un po' mi dispiace lasciare: sento che il bellissimo castello di sabbia che ho appena finito di costruire sarà ben presto portato via dalla marea dei nuovi eventi che mi aspettano una volta salita sull’aereo verso casa.
Maledizione del viaggiatore, avere tante case senza mai appartenere a nessun luogo: non so ben dire quale sia realmente casa mia. Mi sento Italiana, ora più che mai perché mi manca la mia patria ed il sentire quel modo di parlare e gesticolare che tutti percepiscono come una melodia: ed è vero, noi Italiani abbiamo la nostra musica dentro, capace di portare un pizzico di Italia ovunque nel mondo anche solo grazie alla nostra presenza... la stessa melodia che adesso mi richiama verso casa.

La mia storia a Venezia non è ancora conclusa, devo laurearmi (spero presto, incrociando le dita e facendo gli scongiuri) ma nemmeno la mia avventura in Cina è ancora finita. Mi piace lasciare sempre le porte aperte, pronta  a varcarle in cerca di nuove storie da raccontare: ho fatto richiesta per tornare a Lanzhou anche per il secondo semestre, consapevole di trascorrere altri 4 mesi in un posto, oserei dire ora familiare, ma sempre diverso e che ha ancora molto da insegnarmi. Ad oggi, quasi pronta per il mio rientro, sento di aver lasciato qualcosa a metà: un semestre non è molto come mi sembrava all’inizio, è necessario a mala pena per orientarsi. Questo posto sperduto nel nulla racchiuso tra le montagne costellate da monasteri buddisti, con l'aria secca e gelida, dal traffico impazzito e con i 牛肉面 (niu rou mian) fumanti dietro l'angolo ha ancora molto da insegnarmi, e non mi sento ancora pronta a dire addio a persone che non incontrerò mai più in vita mia e che mi hanno dato veramente molto in questi mesi,  per questo lascio una parentesi aperta e dico arrivederci, a presto.
 

sabato 31 dicembre 2016

Buon Anno con 7 ore di anticipo!

Oggi sono uscita per la prima volta dopo quasi tre giorni di clausura in camera per qualche linea di febbre ed un terribile raffreddore: in un centro commerciale vicino alla mia università c'era una celebrazione internazionale con vari stand rappresentanti varie località del mondo, tra cui naturalmente l'italia, a rappresentarla c'erano due miei amici. Camminando tra i vari stand ben nascosta dalla mia sciarpa di lana per evitare di prendere una broncopolmonite, ho iniziato a pensare a quante persone  provenienti da paesi così lontani e diversi nel mondo, separati da molte ore di fuso fossero riunite in un unico luogo allo stesso istante. E così ho anche iniziato a pensare a quanto la distanza renda differenti le nostre vite, non solo in termini culturali ma anche per concezione di tempo e a quanto fosse strano trovarmi qua in Cina a festeggiare con 7 ore di anticipo rispetto a come sono abituata il nuovo anno: significa che sono più vecchia in Cina che in Italia? Non so se questi pensieri siano dovuti all'eccessiva dose di antibiotici presa in questi giorni, cosa molto probabile, ma mi sono trovata in uno Starbucks all'interno del centro commerciale a scrivere dietro una busta di carta che probabilmente in origine aveva dei biscotti al suo interno tutto quello che la mia testa iniziava ad elaborare. "Are you writing a letter?" mi ha chiesto timido un cinese che sedeva vicino a me. Gli ho risposto di no, ma in verità stavo scrivendo una lettera a me stessa.

Perché abbiamo questa maniacale necessità di far entrare tutto in uno schema così preciso, ricordarci date ed ore, appuntamenti, schematizzare tutto per sentirci più padroni di qualcosa che in realtà non riusciremo mai a controllare, il tempo. I miei studi classici quando si parla di tempo mi fanno subito pensare alla severità del caro e vecchio Seneca in " De Brevitate Vitae" : "Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine dall’estrema necessità, ci accorgiamo che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere." Le parole di Seneca mi hanno sempre messo una certa ansia, non sono mai stata brava ad organizzare il mio tempo, e sono una campionessa nel rimandare a domani quello che potrei fare oggi, ma se in realtà quello che è scritto in "De Brevitate Vitae" sotto alcuni aspetti non è altro che un buon consiglio da seguire senza pianificare alla perfezione ed in modo maniacale ogni secondo della nostra vita ma semplicemente iniziando a fare oggi quello che programmiamo di fare domani.
 Abbiamo dei sogni che a volte sembrano avere la scadenza stampata sul coperchio, un po' come gli yogurt che teniamo nel frigo e che ci disgusta consumare anche un solo giorno dopo la scadenza. Viviamo ogni giorno con la fretta di vivere il successivo con la speranza che sia migliore, sia il giorno in cui i sogni a scadenza ravvicinata si avvereranno: questo è lo stesso motivo che ci spinge a fare mille buoni propositi per l'anno nuovo, oppure anche semplicemente a promettere di mettersi a dieta il Lunedì. Ma quanti sono realmente i buoni propositi che manteniamo? E' ovvio che nel 2017 non smetterete di fumare, non andrete in palestra, non sarete più diligenti nello studio e a lavoro e non vi metterete a dieta se non iniziate da oggi. Strana l''importanza che diamo al futuro rispetto al presente, abbiamo una miriade di sogni che crediamo abbiano una scadenza ravvicinata e poi tendiamo a rimandare a domani quello che potremmo iniziare da oggi.
Conferiamo un potere un po' troppo grande a quello che tra poche ore non sarà più l'anno nuovo ma il monotono e comune presente, diamo troppo potere al tempo invece di controllarlo, ce lo lasciamo volar via dalle mani.
Quest'anno festeggerò con sette ore di anticipo, ma questo non significherà iniziare prima a compilare la lista dei buoni propositi, come se lo scoccare della mezzanotte avesse lo stesso magico potere che ha nella fiaba di Cenerentola: sarà solo un normale andare avanti, senza nessun magico cambiamento.
Vogliamo cambiare? Facciamolo da ora, smettiamo di riporre troppa speranza nel futuro, ma iniziamo da questo istante a realizzare i propri sogni, un passo alla volta.
Con questo vi auguro Buon Anno con sette ore di anticipo!